LE NOSTRE MATERIE PRIME
PVC – PP
PVC
Polivinilcloruro
And the subtitle is better
PP Polipropilene
uso alimentare
SOLO PRIMA QUALITA’
PP polipropilene
LA STORIA
Nel 1953 Karl Ziegler scoprì che una miscela di TiCl4 e AlEt3 (alluminio trietile) catalizzano la polimerizzazione dell’etilene a dare il polietilene. Giulio Natta notò immediatamente che tale catalizzatore non era utilizzabile per la produzione di polimeri del propilene: con il catalizzatore di Ziegler si ottenevano solo oligomeri del propilene ad elevato contenuto di prodotto atattico.
Nel 1954 Giulio Natta e Karl Ziegler scoprirono che una resa elevata di polipropilene isotattico si ottiene con una miscela di TiCl3 cristallino e AlEt2Cl (Dietil Alluminio Cloruro, DEAC). Peculiarità del cristallo di titanio tricloruro è la presenza di centri metallici in coordinazione ottaedrica ma con insaturazioni della sfera di coordinazione; il propilene è in grado di coordinarsi ai centri metallici attraverso queste lacune, e di polimerizzare in maniera stereospecifica a dare polipropilene isotattico. Un meccanismo ipotizzato, ancora oggi ritenuto il più fondato, fu proposto da Cossee e da Arlman nel 1964.
La produzione venne iniziata dall’industria italiana Montecatini (poi Montedison, in particolare assunse particolare rilevanza lo stabilimento presso il polo petrolchimico di Ferrara, e riscosse un ampio successo.
Dopo accurato lavaggio per eliminare eventuali residui di catalizzatore rimasti inclusi nel prodotto (tali ceneri possono dare problemi di corrosione negli impianti dell’acquirente e produttore di oggetti in polipropilene), la resa del catalizzatore di Natta risultava di 4 kg di prodotto per grammo di catalizzatore. Con il catalizzatore sopra citato, inoltre, il 92% del prodotto è costituito da polipropilene isotattico; tale percentuale poteva essere aumentata estraendo il prodotto atattico in eptano bollente. Il prodotto finale sotto forma di polvere, così pulito, viene estruso in pallottole (pellet).
modello tridimensionale di polipropilene isotattico
Nel 1971 la Solvay sviluppa un nuovo catalizzatore a base di TiCl3 macinato in presenza di un etere altobollente (dibutiletere). Una elevata resa del catalizzatore (circa 16 kg di polipropilene per grammo di catalizzatore) fu ricondotta all’azione dell’etere, che essendo una base di Lewis disattiva alcune specie presenti sul cristallo di TiCl3 potenzialmente dannose all’attività catalitica. Inoltre l’indice isotattico sale al 96%, rendendo inutile il processo di purificazione dall’atattico con notevole miglioramento dell’attività produttiva.
Solo 4 anni dopo viene prodotto un nuovo catalizzatore a base di TiCl3 supportato su MgCl2, che si rivela un ottimo supporto avendo una struttura cristallina quasi identica a quella del TiCl3. Il catalizzatore è additivato con benzoato di (2-etil) esile in qualità di base di Lewis. Le elevatissime rese (325 kg di PP / g di catalizzatore) rendono superflua addirittura la rimozione delle ceneri catalitiche, mentre si ripropone il problema della rimozione dell’atattico (indice isotattico = ~92%). La sostituzione, nel 1981, del benzoato con uno ftalato permette la produzione di polipropilene avente indice isotattico pari al 97%, mentre l’attività catalitica oscilla fra 600 e 1300 kg/g. – fonte wikipedia
PVC
Polivinilcloruro
LA STORIA
Il cloruro di polivinile fu osservato per caso in due occasioni nel corso del XIX secolo, prima nel 1835 da Henri Victor Regnault e quindi nel 1872 da Eugen Baumann. In entrambi i casi una massa bianca solida di polimero fu trovata all’interno di bottiglie di cloruro di vinile lasciate esposte alla luce solare.
All’inizio del XX secolo i tentativi di uno sfruttamento commerciale del prodotto da parte del russo Ivan Ostromislenskij e del tedesco Fritz Klatte della Griesheim-Elektron furono frustrati dalla difficoltà di lavorare il materiale, troppo rigido e fragile.
Nel 1926, Waldo Semon della B.F. Goodrich sviluppò una tecnica per rendere lavorabile il PVC, miscelandolo con degli additivi plastificanti. Il prodotto risultante, più flessibile e facile da lavorare, raggiunse presto un diffuso utilizzo.
I primi co-polimeri a base di cloruro di polivinile e acetato di polivinile furono prodotti dalla statunitense Union Carbide nel 1927; sei anni dopo, in Germania la IG Farben brevettava le tecniche di polimerizzazione in emulsione.
In Italia, uno dei principali produttori di PVC è stata la Montedison, che aveva nel polo petrolchimico di Porto Marghera, a Venezia, i suoi impianti di produzione del polimero e del monomero corrispondente. La prima impresa a cominciare la produzione industriale di PVC in Italia fu invece la S.A. Ursus Gomma di Vigevano che costruì, nel 1939, un nuovo impianto appositamente creato per la lavorazione del nuovo materiale. Brescia è stata fino agli anni novanta un importante centro per la produzione di PVC. – fonte wikipedia